Pietro Mennea

Quarantuno anni fa un uomo bianco cominciò a correre nella corsia numero 4 della pista dello stadio Azteca di Città del Messico. Fu la corsa più straordinaria nella storia dell’atletica, la più improbabile: Pietro Paolo Mennea stabiliva il record del mondo sui 200 metri. 1,8 metri di vento a favore. Primi cento metri in 10’34 “manuali”. Secondi cento metri in 9’38. Record del mondo: 19’72.

Il primato precedente apparteneva all’americano Tommie, quello che con John Carlos alzò il pugno guantato alle Olimpiadi del 1968 – che aveva fermato il cronometro a 19’83. Mennea lo migliorò di 11 centesimi.

In Messico era primo pomeriggio, le 15.15; in Italia le 23.15. Sulle gradinate dello stadio c’era poca gente, sperduta qua e là. Mennea aveva in mente una cosa sola: raggiungere il prima possibile la massima velocità e mantenerla, fin quando ne sarebbe stato capace. Quel giorno – con la pettorina numero 314 cucita sul petto – Mennea aveva 27 anni, l’anno dopo – alle Olimpiadi di Mosca – avrebbe vinto l’oro con un’altra gara da leggenda.

La sua è stata una carriera lunghissima, diciassette anni in fuga dal 1971 al 1988: 3 volte campione italiano sui 100 metri, ben 11 volte sui 200 (la prima nel 1971, l’ultima nel 1984.) Mennea è morto nel 2013, il primo giorno di primavera. Nel dopo-carriera è stato molte cose. Ha conseguito quattro lauree (Scienze Politiche, Giurisprudenza, Diploma Isef e Scienze dell’educazione motoria, Lettere), ha esercitato la professione di avvocato e di commercialista, ha pubblicato numerosi libri, sempre finalizzati alla divulgazione della cultura sportiva e alla lotta al doping, ha insegnato all’Università, è stato eurodeputato a Bruxelles dal 1999 al 2004.

È stato un corridore eccezionale, resistente a tutto, precursore dei metodi moderni di allenamento (il suo allenatore era il professor Carlo Vittori), ma anche e soprattutto una macchina da corsa. È stato campione tra i campioni, simbolo di un’Italia sportiva che annoverava poster generazionali come Felice Gimondi, Sara Simeoni, Adriano Panatta, Gustav Thoeni.  Il suo record del mondo sui 200 metri è stato migliorato prima un paio di volte da Michael Johnson nell’estate del 1996 e poi da Usain Bolt, che a Berlino ha spostato il limite umano a 19’19.