LA SERIE A E IL CATENACCIO DI ROCCO
Scriveva Aldo Bardelli, sulle colonne del “Calcio e Ciclismo Illustrato” all’indomani di un fragoroso 2-0 rifilato in inferiorità numerica all’Inter all’Appiani:
«Il Metodo è, dunque, la soluzione del nostro gioco dopo le spericolate avventure sistemiste e il successivo pentimento del Catenaccio? Il Padova lo fa supporre. La sua manovra ormai fa testo, poiché s’impone anche agli avversari di universale prestigio e di elevata ambizione. Ormai non si può più parlare di un Padova ancorato ad una cocciuta manovra difensiva e capace dì esprìmersi all’attacco soltanto con fortunate azioni in contropiede. La disinvolta spiegazione dei successi di Rocco non era già valida l’anno scorso, allorché si riteneva potesse renderla attendibile la presenza di Hamrin. Ma quest’anno, che Hamrin non e ‘è più ed al suo posto si muove un giocatore da altre squadre ripudiato ancora in verde età, non si possono più alimentare dubbi. Quello del Padova è “gioco “, e gioco di ottima marca. La sua fedeltà agli schemi fondamentali del vecchio Metodo (s’intende in versione moderna, come l’evoluzione del gioco pretende) appare ormai evidente. Contro l’Inter, apparsa sfocata e fiacca, proprio il Padova ha dovuto attaccare in prevalenza, proprio il Padova ha dovuto prendere l’iniziativa del gioco, stabilirne la cadenza, deciderne gli sviluppi, proprio il Padova – che si accusa di usare, almeno indifesa, l’ormai famoso… “uomo in più” -, ha dovuto giocare per quasi mezz’ora con un uomo in meno. L’infortunio di Moro al 18’della ripresa ha seriamente turbato l’equilibrio della partita e nulla, a quel punto, l’Inter poteva attendersi di più favorevole. Ma il Padova ha vinto anche con un uomo in meno. Anzi, ha raddoppiato il suo magro vantaggio precedente. Ebbene, anche impegnato in una partita d’attacco e successivamente privato di un elemento del “peso ” di Moro, il Padova ha saputo imporre il proprio gioco, poiché la sua manovra tien conto in ugual misura delle esigenze della difesa e dell’attacco, con una distribuzione degli uomini ordinata in ogni settore e con una mobilità stupefacente. In difesa c’è sempre “l’uomo in più” affinché l’isolata prodezza di un attaccante avversario non metta in crisi l’intero settore; ma a centrocampo lo schieramento è elastico e denso, l’inserimento degli uomini nei reparti sollecito e puntuale, l’azione d’attacco sempre ambiziosa, sempre affidata a due o tre elementi, come appunto prevedeva il vecchio Metodo».
Il miracolo Padova non fu una meteora. Nel 1960 Rocco portò i suoi al quinto posto, nel 1961, senza più il bomber Brighenti (39 gol nelle ultime due stagioni) al sesto. Poi, suonarono le sirene milaniste e Paròn Nereo emigrò a dimostrare di poter condurre a grandi risultati anche un club metropolitano. Là avrebbe ritoccato la formula vincente, schierando Cesare Maldini libero fluidificante. Per il Padova invece senzaRocco la caduta fu verticale. Nel 1962, per la prima volta senza il Paron, i biancoscudati precipitavano in B. Sarebbero tornati a rivedere le stelle della massima serie solo trentadue anni dopo, nel 1994.