La “Leggenda” del 24 Maggio: “il Piave mormorò…..”
Se è una canzone di guerra, il suo destino spesso è scomparire alla fine del conflitto assieme agli ignoti, vivi e morti, che hanno combattuto e la cantavano. Fu perciò più eccezionale che rara la sorte della Leggenda del Piave. Non solo perché le bande militari la intonano tuttora nelle celebrazioni, che diventano così più solenni, ma per l’affetto trasversale che l’ha accompagnata dal 1918 a oggi, giusto un secolo dopo.
L’autore scrisse il brano nella notte fra il 23 e 24 giugno del ’18 con penna, carta, mandolino e macchinetta del caffè, come avrebbe fatto per altre migliaia di canzoni di cui firmava spesso testo e musica. Giovanni Ermete Gaeta, nome d’arte E. A. Mario, non immaginava gli effetti di quell’insonnia. Glieli avrebbe dichiarati più tardi il generale Armando Diaz in un telegramma: “Mario, la vostra Leggenda del Piave al fronte è più di un generale!”.
L’autunno nero di Caporetto era alle spalle e gli austriaci avevano appena perso la ‘battaglia del solstizio’. La piena del fiume Piave che travolgeva i nemici ispirò i primi versi della canzone. Rievocavano l’inizio della guerra nel 1915: “Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio / dei primi fanti il ventiquattro maggio”. E il Piave chiude ciascuna delle tre strofe e della quarta, aggiunta dopo al semplice e marziale brano in fa maggiore.