CalcioSport, Cultura, Costume

LA TRISTEZZA DELLO STADIO FLAMINIO ABBANDONATO …

… UNA SITUAZIONE INSOPPORTABILE PER CHI, COME NOI, HA VISSUTO ANNI ED ANNI DI CALCIO, QUANDO IL SABATO POMERIGGIO ERA CONSIDERATO IL SALOTTO CALCISTICO DI ROMA

Solo desolazione ed erbacce in un terreno di gioco che, fino a qualche anno fa, era curato quotidianamente. Un patrimonio architettonico che sembra essere diventato una cattedrale dimenticata nel centro di Roma, con il rischio che venga ricordato come un luogo di grandi pagine sportive lasciato marcire nel cuore della Capitale. Sono passati più di sessant’anni da quando il Flaminio venne inaugurato. Fu il frutto architettonico di un’idea della famiglia Nervi: il padre Pierluigi e il figlio Antonio, l’uno ingegnere e l’altro architetto, progettarono l’opera sotto la direzione di Bruno Magrelli, portandola a termine il 19 marzo del 1959. L’impianto, il secondo più grande di Roma, venne utilizzato in occasione delle Olimpiadi italiane del 1960. Prese il posto dello stadio Nazionale, diventando un gioiello incastonato tra viale Tiziano e Corso Francia, che negli anni ha ospitato pagine indelebili dello sport nazionale e non solo.

L’apice dell’avventura del Flaminio alle Olimpiadi del 1960 si tocca nella semifinale tra l’Italia e l’ex Jugoslavia quando, davanti agli occhi di un pubblico in attesa, si decise la finalista con il lancio della monetina. La sorte fu avversa agli azzurri, che poi si classificarono quarti, mentre la lira caduta sull’erba dello stadio premiò il blocco balcanico, che poi vinse il torneo.  

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