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VITTORIO GONZALES, ALLENATORE DELLA LIBERTAS VITERBO IN SERIE B

di Maurizio Benatti (ex giocatore in Serie A per 15 anni)

Una doverosa premessa riguarda la lunghezza e la struttura stessa di questo articolo: esso può cogliere soltanto alcuni aspetti, significativi, di Gonzales l’uomo, oltre che di Gonzales l’allenatore, soprattutto se penso a quanto tempo ho passato con lui e quanto sia stato decisivo per il mio inserimento nel mondo della pallacanestro professionistica e per il mio sviluppo come giocatore.

Tutto ebbe inizio grazie a una notevole intuizione di Don Gino Borgogno. Egli iniziò, in modo pionieristico e con passione, una sorta di cooperazione tra tutti gli oratori di Torino sotto il contenitore delle P.S.G, Polisportive Giovanili Salesiane, il tutto per dare vita a un grande progetto: una squadra di Basket che traesse le proprie risorse da quell’ampio e multiforme bacino costituito dagli oratori.

Nel 1968 giunse a Torino, da Roma, Vittorio Barbiani Gonzales, detto “il Prof” (così tutti l’avrebbero conosciuto e chiamato). Io, nello stesso periodo ero una giovane promessa del calcio (lato Torino), ma per puro caso partecipai con la mia scuola (il Michelangelo Buonarroti) alla prime edizione dei Giochi della Gioventù, nell’insolita veste, almeno per me, di giocatore di pallacanestro. Un mio compagno di squadra, un amico di lunga data ormai, Aldo Cervino, dopo qualche allenamento mi propose di provare a fare qualche ulteriore sessione di allenamento non più con la squadra della scuola, ma con l’Agnelli, aggiungendo “è arrivato un allenatore cubano bravo e stiamo formando una squadra Allievi”. Accettai volentieri e qui conobbi “il Prof”. Si formò subito un bel rapporto e “il Prof” dopo qualche settimana sentenziò: “Nel giro di pochi farai parte del giro delle nazionali giovanili”. Sebbene onorato da questa sua esternazione pensai, obiettivamente, che il mio allenatore avesse sopravvalutato, e non di poco, la questione. Soprattutto perché, nel frattempo, io stavo continuando a giocare a calcio nel Torino con buoni risultati. Ma, il Prof voleva farmi pervenire a una decisione e stava cercando di incoraggiarmi a prenderla verso la sponda della pallacanestro.

In effetti la sua previsione si realizzò. L’anno dopo fui convocato per la prima volta nella mia appena iniziata carriera al raduno di Cortina: ero un prospetto di livello nazionale, con mia somma sorpresa.

Devo però questo conseguimento al Prof. Lui infatti ha plasmato il mio modo di giocare (e non solo il mio, ma quello di innumerevoli giocatori e giocatrici): la sua capacità analitica nell’analisi dei movimenti, la didattica precisa nella costruzione dei fondamentali, didattica innovativa e dinamica rispetto ad altre scuole di pensiero del tempo, la sua passione e la grande capacità di comunicare concetti importanti, oltre alla sua vicinanza umana, sono solo alcuni degli aspetti che ricordo con nostalgia e con gratitudine. Intorno a lui, si formò uno dei gruppi migliori nella storia della pallacanestro torinese: il cosiddetto gruppo del ’55 di cui erano parte, fra gli altri, Cervino, Marietta, Zorzenon, Borghes, Rallo, Magionami, Benetti e il sottoscritto. Con il medesimo gruppo, trasportato dal mondo delle giovanili al mondo dei Senior, in soli quattro anni abbiamo ottenuto il passaggio dalla Promozione alla Serie B. Proprio grazie alla fiducia e agli insegnamenti di Gonzales in quella squadra, protagonista di questa cavalcata, noi giovani avevamo potuto trovare non solo spazio per giocare, ma anche per crescere. Dopo questa esperienza, nel 1973, io fui acquistato dalla Simmenthal di Milano: una sorta di conferma del lavoro svolto insieme al Prof e un bel conseguimento professionale. Qui, in realtà, cominciai la mia carriera ad alti livelli nella Serie maggiore.

Se ho potuto giocare come play maker (forse “vecchio stampo” rispetto alla moderna concezione del ruolo) in Serie A per oltre una decade, devo molto alla basi che il Prof mi ha saputo dare. Per me egli è stato un allenatore, un educatore, un consigliere, un maestro, un uomo che, per il bene che mi ha voluto, ha saputo indirizzarmi nel complicato mondo della pallacanestro professionistica. Il rapporto così consolidato tra noi ha avuto anche dei riscontri molto profondi dal punto di vista umano: quando nacque il suo primogenito gli fu dato nome … Maurizio. Un gesto questo che, a distanza di anni, ancora molto mi commuove e credo testimoni proprio quanto ho appena accennato sopra: il rapporto non era solo quello tra allenatore e giocatore, ma tra maestro e discepolo, tra uomini che si stimavano e si sono sempre voluti bene. Nei miei trasferimenti, Milano prima e Rimini poi (dopo un ritorno a Torino di qualche anno) ho sempre cercato di tornare nella mia città di acquisizione, Torino appunto, e ho sempre cercato di andare a trovarlo. Mi portava in palestra, dai suoi ragazzi: rivedevo, a distanza di anni, quella passione, quella dedizione indefessa, quella soddisfazione che provava nell’insegnare ai suoi giocatori la disciplina e l’arte della pallacanestro. Molti di noi, suoi giocatori, suoi proprio nel senso di “plasmati da lui”, credo possiamo dare la medesima testimonianza concorde: siamo stati i frutti del suo lavoro di educatore e allenatore.

Vittorio Gonzales allenò la Libertas Viterbo in Serie B nel biennio 1961-1963. Il roster della squadra viterbese era allora formato da Sergio Fontana, Massimo Baleani, Gianni Ferranti, Paolo Pimponi, Carlo Bruni, il giovanissimo Pino Campinoti, Sandro Marzoli, Nevio Stefanoni, Sergio Stefanoni, Lucio Bastiani, Mario D’Angelo, Giuseppe Marchi, Angelo Valdannini, Armando Quatrini.

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