“SEMBRA IERI”. QUANDO ERA BELLO SENZA LA TECNOLOGIA (VOL. 52)
Una realtà odierna in cui irrompe anche il Mondiale d’inverno. Una volta era il “mare d’inverno”, una delle più belle canzoni scritte da Enrico Ruggeri. Adesso il calcio 2.0 è anche quello del Mondiale nel periodo invernale, una cosa mai vista, che nessuno avrebbe potuto concepite qualche anno fa. Per i soldi si fa tutto, anche inventare qualcosa di totalmente inedito, le cui ripercussioni sono tutte da verificare. Anticipi, posticipi e compressione di calendari, giocatori che si troveranno a fare uno sforzo supplementare lunga un mese, per poi – mentre in passato andavano in vacanza – ritornare in campo e giocare nei rispettivi campionati di competenza.
Il calcio cambiato è anche ciò che è accaduto nel sorteggio della massima competizione continentale, in Mondovisione, vale a dire, tra gli sberleffi di tutti, di ripetere il sorteggio. I giornali si sono sbizzarriti con i titoli, tra cui ha spiccato un eloquente “che giramento di palline!”. Sarebbe dovuto essere il trionfo della tecnologia, con effetti speciali e computer capaci di fare cose meravigliose e invece ne è venuta fuori una cosa grottesca. Ma quanto era bello, una volta, quel sorteggio più alla portata di tutti, con quel bel tabellone in cui, man mano che gli accoppiamenti procedevano, si affiggevano i cartelli delle squadre, un po’ come i numeri di legno affissi alla parere delle palestre in occasione delle partite di basket?
Erano i bei tempi, indimenticati. Quelli che viaggiavano sulle ali di una “Lettera 32”, che non era un’auto, ma una splendida macchina da scrivere, un gran regalo dei nostri genitori per la promozione al termine del terzo anno delle superiori. Nessuno, allora, avrebbe immaginato che il calcio potesse cambiare così tanto. Nessuno avrebbe, neanche lontanamente, pensato che un giorno si sarebbe arrivati alla VAR, la discutibile VAR, che raramente ha chiarito gli eventi in campo, mentre spesso ha ingarbugliato le cose e aumentato, se possibile, la confusione.
Una delle cose che connota fortemente la transizione da quel calcio “romantico” a quello attuale, è la sparizione delle “bandiere”, di quei giocatori che diventano il simbolo di una squadra per sempre, che indossano la stessa maglia, dall’esordio fino al termine della carriera. Hai voglia a trincerarti dietro spiegazioni che sottolineano come ormai il professionista debba decidere la strada del calciatore, passando inevitabilmente da una squadra all’altra. L’impressione – se poi si tratta solo di una impressione – è che ormai contino soltanto i soldi, che passano sopra a qualsiasi sentimento calcistico.