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“ABC …”. LA A DI ANTERO, IL “MAGO DELLA PALAZZINA”

La A di Antero! Se c’è una cosa in comune tra tutti i giocatori della Viterbese della vecchia generazione è il ricordo eccezionale che serbano di Antero Proietti, lo storico “guardiano” del campo sportivo di via della Palazzina. Di qualsiasi età siano stati gli ex gialloblù, dalle loro bocche è uscita sempre e soltanto la stessa cosa: “Antero è stato un uomo eccezionale, mite e disponibile”.

A chi chiede loro di scattare virtualmente una foto della Palazzina, si risponde sempre che, in primo piano, c’è riprodotto proprio Antero, il mitico custode del campo che per decenni curò il tappeto verde dell’allora stadio Comunale con amore paterno, rendendolo uno dei più belli d’Italia.

Eccezionale anche il rapporto umano che riuscì a stabilire con i giocatori, ad alcuni dei quali, tra l’altro, metteva a disposizione – di nascosto – uno stanzino dove essi andavano ad “ossigenarsi” fumando delle apprezzatissime Marlboro.

Mite è l’aggettivo riprodotto in carta carbone. Talmente mite che in pochi gli hanno sentito alzare la voce, sbottando clamorosamente. Magari qualche volta ha bofonchiato, un po’ a testa bassa, ma poi ha continuato a lavorare e la cosa è sempre finita lì. Soltanto in una occasione è uscito veramente dai gangheri, quando il portiere avversario Recchia, abituato sui campi in terra, dove faceva un solco – trascinando il tacco della scarpetta – dal palo fino al limite dell’area piccola, fece la stessa cosa pure a Viterbo. Antero si era messo come al solito a vedere la partita – tutto rannicchiato – sull’angolo del terreno di gioco che volge verso Villa Brannetti, da dove uscivano una volta i giocatori dagli spogliatoi. Appena vide Recchia che scavava nella sua “adorata” erba, scattò in piedi come un fulmine – quasi tarantolato – e cominciò a inveire verso il portiere, urlandogli che non doveva fare niente di simile, che rovinava il lavoro condotto durante la settimana per mantenere il manto erboso perfetto. Recchia non gli rispose neanche troppo bene e Antero, allora, si piazzò dietro la sua porta e stette lì per diverso tempo continuando a lanciargli strali e annessi, augurandogli di subire presto un gol.

Ma come ci era arrivato fino a lì Antero? Non tutti sanno – forse – che la serie D, nella stagione 1966/67, subì una delle innumerevoli riforme della sua storia. Passò dai sei gironi di allora al nuovo format con nove raggruppamenti, con relativi ripescaggi, in primis riservati alle città capoluogo di provincia. Toccò, quindi, anche a Viterbo, ammessa di diritto. Nacque allora anche l’dea di modificare il vecchio campo sportivo della Palazzina in una realtà nuova, con terreno in erba, al posto del fondo in terra battuta.

Per attuare il progetto e completare l’operazione serviva una figura nuova, l’addetto alla semina, alla cura e alla manutenzione del nuovo manto erboso. Questo ruolo venne affidato ad Antero Proietti, che non era né un agronomo, né uno specialista di impianti sportivi. Era un mezzadro che curava un appezzamento di terreno, con annesso casolare, come ce n’erano diversi, in quegli anni, in periferia, in zona Riello, poi fagocitati dalla modernizzazione e dalla costruzione della tangenziale, degli ipermercati e quant’altro.

(DAL LIBRO “ABC, LE LETTERE DEL CALCIO)

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