DANIELE GOLETTI E LA SUA ESPLOSIONE: DA SOTTO IL PINO DI PIANOSCARANO ALLA SERIE A DI CAGLIARI …
C’era una volta una squadra giovanile, una squadra di quei ragazzi con la maglietta rossoblu si facevano la foto-ricordo sotto l’immancabile albero, un pino ben piantato su un lato del campo di Pianoscarano, dove oggi ci son le strade, dove allora c’era solo un grande uliveto.
Avevano come maestro Giovanni Patara, uno dei più grandi, scomparso qualche anno fa con la serenità e la compostezza di sempre. Valori che lo portarono ad essere un ineguagliabile esempio per intere generazioni di calciatori.
Così legato ad essi, alle sue radici – ed anche al “suo” Pianoscarano – che non volle mai cercare gloria altrove (in società che gli avrebbero garantito tutt’altra visibilità e riconoscimenti economici), salvo una breve parente- si alla Viterbese.
Ma il suo cuore rimase sempre al vecchio campo di Pianoscarano con la tribunetta in tufo su cui si sono seduti tantissimi giovani, e non.
Tutta gente da… pane e pallone, quelli che si divertivano davvero a crescere e vivere con un calcio pulito.
Il suo capolavoro rimane quella squadra allievi del 1971/72, che riusci ad arrivare alla finale regionale superando società ben più blasonate e consacrando giovani del calibro di Goletti, Caporossi, Talotta, Bernini, Corinti, Filippi, Grazini, etc. Tutta gente che oggi avrebbe spopolato tra gli under della serie D, tanto per fare un paragone con cose più attuali.
Quella squadra che trionfò nella semifinale contro la Maia Cat in un quartiere in festa, con le fontane che “buttavano” vino anche per quella vittoria, e che se la vide alla pari con il Latina, che rappresentava tutto un altro mondo rispetto alla piccola realtà rionale viterbese.
Quei ragazzi avrebbero meritato tutti un grande futuro: molti giocarono a buoni livelli, altri rimasero con la stessa casacca rossoblu per anni, fino al momento di appendere gli scarpini al chiodo.
Uno, il primo (perchè successivamente fu seguito da Mauro Valentini), spiccò il volo verso Cagliari ed iniziò una grande carriera, con tanti anni di serie A e serie B.
All’inizio, però, venne spedito a Quartu Sant’Elena a farsi le ossa. Lo incontrammo una volta sul treno che da Roma lo riportava a Viterbo: una lunga chiacchierata e tanti propositi, da una parte e dall’altra. Di imporsi come portiere, l’uno, di rimanere nel mondo del giornalismo, l’altro.
Daniele Goletti )nella foto al centro in piedi) giocò con la casacca del Quartu Sant’Elena anche alla Palazzina contro la Viterbese e fu l’ultima occasione di vederlo all’opera prima del grande salto.
I clamori del successo non cambiarono il suo modo di comportarsi con chi aveva conosciuto: lo ritrovammo, infatti, a Terni, in occasione dello spareggio per andare in serie A tra Cagliari e Pescara. Lo andammo a salutare nel ristorante dove stava in ritiro: giocava a carte con il tecnico Toneatto, con Virdis e Quagliozzi.
Un caloroso saluto e poi via, di nuovo tra i pali in centinaia di partite, anche quando passò al Taranto, prima di chiudere la carriera proprio con la Viterbese, di cui diventò – anche a più riprese – il preparatore dei portieri, inventando insieme ad altri amici la prima scuola dedicata ai giovani aspiranti alla maglia numero uno.
Poi la bella opportunità capitatagli con la Nazionale femminile, che gli ha permesso di girare il mondo con la selezione delle donne del pallone.
Tornando a quel Pianoscarano delle meraviglie: partecipò, l’anno succes- sivo, alla prima edizione di quello che poi divenne il torneo Grossi- Morera. Venne intitolato alla memoria di Maurizio Grossi, che aveva anche giocato da centravanti nella formazione juniores rossoblu e che vide stroncata la propria esistenza in un incidente stradale. Papà Vincenzo accettò la proposta di Giancarlo Camilli: entrambi erano tifosissimi della Juventus e referenti del locale club bianconero, il primo sorto nelle città dei Papi.
DAL LIBRO “FACCE DA GOL” DEL 2014