VINCENZINO ROSSI, PER SEMPRE …
Vincenzino Rossi, ex ragazzino terribile in campo, poi uomo amato da tutti, sempre allegro, sempre in sintonia con chiunque.
Durante la trafila completa nelle giovanili gialloblù non mancava mai in tribuna il padre, grandissimo tifoso della Viterbese, apprezzato per le sue doti umane e per l’attività professionale, una barberia in via Mazzini. L’orgoglio di Rossi senior cresceva di pari passo con l’evoluzione del figlio, dal fisico minuto, che faceva della velocità la sua arma migliore. Indubbiamente un profilo di giovane che non poteva non condurlo alla prima squadra, anche se non era scontato, anche se non sempre è un passaggio automatico.
Non per il tecnico Franzon, però, che valorizzò praticamente un intero gruppo della Giovanile, lanciando una decina di ragazzi nel campionato di serie D. Compreso Vincenzino Rossi.
Ricordo il suo esordio, contro il Pro Cisterna, in mezzo a tanta gente di mestiere, di carisma, come Boi, Perazza, Sala, Testorio, Mapelli. E ricordo pure il suo primo gol, realizzato alla Palazzina contro il Casalotti, in una stagione in cui riuscì a inanellare dieci – sempre il dieci – presenze, numero migliorato progressivamente negli anni successivi. L’annata dell’Ottantatré forse fu la migliore in gialloblù, quando continuava ad essere uno stimolo per i ragazzini che giocavano negli Allievi, che speravano di poter fare lo stesso salto effettuato da Vincenzino.
Una volta – molti anni dopo – lo intervistai per una mia trasmissione radiofonica e lui mi raccontò di un provino fatto con l’Inter, insieme a Sbocchia, difensore emergente del settore giovanile della Viterbese, che sembrava avviato a una grande carriera, fermato poi da un infortunio mai recuperato.
Vincenzo rispondeva alle domande e raccontava sempre con grande vivacità, senza peli sulla lingua. Mi raccontò che praticamente, quella squadra dei “provinanti” che si opponeva ai ragazzi dell’Inter giocò molto meglio e vinse anche, con ottime prestazioni dei due ragazzi arrivati da Viterbo. Chiaramente nessuno chiamò più i due e fu uno dei tanti episodi che lasciarono l’amaro in bocca a Rossi da parte di un calcio da cui si aspettava di più, sia da giocatore che da allenatore.
Indubbiamente deluso, al punto che, negli ultimi anni, aveva deciso di smettere di allenare, ma proprio all’inizio della stagione aveva accettato di ricominciare dal popolare quartiere del Carmine, laddove aveva giocato da ragazzino, ma da avversario, in quei derby sempre molto sentiti tra la Viterbese e i “cugini” del Pianoscarano. Aveva deciso di allenare i “Pulcini”, dovendo poi rinunciare per una salute che cominciava ad essere messa in crisi a presentare le prime avvisaglie.
“Voglio ricominciare dai bambini – aveva detto – perché è solo grazie a loro che posso ritrovare quella voglia e quell’entusiasmo per un mondo a cui ho voluto bene, ma che mi ha anche segnato. Loro sono la cosa più bella del mondo e voglio mettermi a disposizione per dare il mio contributo.”
E invece anche per lui è arrivata la conclusione della vita terrena così prematura, lasciando sconcertato l’intero ambiente del calcio, lasciando sbigottiti quelli che lo avevano conosciuto, che magari ci avevano giocato insieme. Un po’ come era successo, purtroppo, precedentemente, in occasione della scomparsa di Scisciola – che era stato suo compagno di squadra – di Paolo Mecocci, Mauro Bisogno e Carlo Dini.
DAL LIBRO “DIECI”