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GLI EX. FRANCO VENTO, BOMBER SENZA ETA’ …

Franco Vento, uno dei più grandi attaccanti del calcio laziale. Uno così forte che in tanti si chiedono come mai non sia riuscito ad arrivare al grande calcio. In serie D, segnava gol a grappoli. Anche negli anni precedenti al suo approdo a Viterbo, a cavallo tra i Settanta e gli Ottanta.

“Abbandonai la società gialloblù – dice – a metà campionato insieme al portiere Luciani, purtroppo scomparso qualche anno fa. Noi due venivamo da Roma e arrivando alle quattro di pomeriggio, non riuscivamo ad allenarci con la squadra per gran parte del tempo. Eppoi c’erano anche problemi economici.”

E’ il ricordo sintetico di Franco, ma c’è da contestualizzare meglio quella esperienza e quella stagione, sicuramente molto travagliata per la società di Via della Palazzina, che aveva stabilito la propria sede sociale in pieno centro storico, in Via Orologio vecchio, nella stesso palazzo dell’Albergo Antico Angelo.

Vento segnò subito, alla prima partita casalinga contro il Carbonia, concedendo poi il bis contro un’altra formazione sarda, l’Isili, fino all’ultimo, quello realizzato al cospetto dell’Orbetello, con una Viterbese che, via via, faceva esordire diversi giovani, come Briziobello, Panunzi, Cioccolini. Lasciò la Viterbese, come detto, anche per via del lavoro. Fino all’autunno, in qualche modo, si arrangiava, ma quando cominciò a fare capolino la brutta stagione tutto diventò difficile. In più anche il rapporto non buono con il tecnico Rosati ebbe il suo peso nella scelta, per quella mancanza totale di feeling con l’allenatore.

“Peccato – prosegue – perché quella era davvero una squadra forte, che avrebbe potuto centrare la promozione, ma capii che allontanarmi da Roma, in direzione nord, per me sarebbe stato quasi impossibile. Ci riprovò l’anno successivo Oscar Lini (e la Viterbese) a ricercarmi, ma ormai avevo maturato questa convinzione”.

E’ stato un po’ il “fuoriclasse” dei Dilettanti, quella razza di attaccante che, come Lino Carli, Porzia e altri, segnavano a ripetizione e, spesso, facevano le fortune delle società che li tesseravano. Molti si domandarono come mai giocatori di quel calibro non avessero giocato in categorie superiori. Vento ci andò vicino, da giovane. Fece anche un provino a Milano per l’Inter. Lo accompagnò Luciano Moggi, che all’epoca era ancora soltanto un dipendente delle Ferrovie. Sembrava fatta, così come altre volte, in serie B, ma alla fine qualche intoppo ci si metteva sempre. E allora si stufò e – a ventiquattro anni – decise di entrare in banca a lavorare. E si sposò. Pensò addirittura di smetterla con il calcio, perché comunque non era facile conciliare il calcio con l’attività lavorativa. La passione per il calcio, però, prese sempre il sopravvento e decise di continuare, giocando addirittura fino a quaranta anni, prevalentemente facendo la spola tra la capitale e il sud del Lazio. Anche a Gaeta, dove diventò un vero idolo di quel calcio lì, fatto di pacche sulle spalle e di pochi soldi. Pochi, maledetti e subito, però!

(SEGUE SUL LIBRO “IL PALLONE AL TEMPO DI INTERNET”)

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