AmarcordIl Pallone

IL 2 DICEMBRE DEL ’77, QUANDO SE NE ANDÒ MAESTRELLI

 

di Massimo Prati

Nel ricordare Tommaso Maestrelli, credo sia giusto sottolineare sin da subito come si stia parlando di un uomo che, già in giovane età, seppe dare prova di grande coraggio. Infatti, dopo la disgregazione dell’esercito italiano a seguito dell’armistizio del settembre ’43 e, più precisamente, il 14 ottobre del 1944, quando era un prigioniero italiano ventiduenne in mano ai tedeschi, Tommaso Maestrelli riuscì a scappare, si incorporò nella Brigata Garibaldi e partecipò alla Resistenza in Jugoslavia contro i nazisti.
Insomma la tempra, il carattere e il coraggio c’erano già in giovane età e le grandi qualità di quest’uomo, trent’anni dopo, gli permisero di ottenere grandi soddisfazioni anche in campo sportivo.
Vincere uno scudetto è sempre un’impresa. Ma quella di Maestrelli, del 1974, è un’impresa davvero particolare, soprattutto perché rappresenta il culmine di un percorso iniziato circa tre anni prima.
Nella stagione 1971-1972, Maestrelli aveva preso la Lazio in B e l’aveva subito riportata in A (seconda classificata dietro la Ternana). L’anno dopo, i laziali avevano lottato per lo scudetto per tutto il campionato e, alla fine, si erano classificati terzi, dietro Juventus e Milan, a due soli punti dalla capolista. Ma, evidentemente, l’appuntamento con il destino era rimandato solo di un anno, perché nella stagione 1973-1974 fu proprio la squadra di Maestrelli a laurearsi Campione d’Italia.
Prima di entrare nel merito della storica impresa laziale, vale la pena di sottolineare che quella edizione del campionato italiano vide l’esordio in Serie A di giocatori che hanno fatto la storia del calcio italiano: Roberto Pruzzo (Genoa), Claudio Gentile (Juventus) Francesco Graziani (Torino), Francesco Rocca (Roma) e Vincenzo D’Amico (Lazio).
Quell’anno la Lazio parte “col botto” (3 a 0 contro il Vicenza) e, nelle prime tre giornate, nonostante una sconfitta contro la Juve, mantiene la testa della classifica (seppure a pari merito con altre squadre). Ma, tra la quarta e la quinta giornata si fa superare prima dal Napoli e poi anche da Inter e Juventus.
Il Napoli, in quella fase del campionato (dalla quinta alla nona giornata), è al comando, in virtù di tre vittorie consecutive con Vicenza, Roma (all’Olimpico) e Cesena.
Ma, alla nona di campionato, la Lazio, battendo a Roma proprio il Napoli, effettua il riaggancio nei confronti dei partenopei e, nel turno seguente, approfitta della vittoria in trasferta contro il Verona e la contemporanea sconfitta del Napoli, al San Paolo contro il Milan, per riposizionarsi da sola al comando.
Alla tredicesima c’è un’importante battuta d’arresto: la Lazio perde in casa con il Torino e si fa raggiungere in classifica dalla Juventus. Però, negli ultimi due turni del girone d’andata i bianconeri perdono con i viola a Firenze e pareggiano in casa con il Vicenza. La Lazio, invece, vince a Foggia, e poi chiude in bellezza il girone d’andata, battendo il Bologna per quattro a zero, laureandosi quindi “Campione d’Inverno”. Dietro, secondi a tre punti di distanza, seguono Fiorentina, Juventus e Napoli.
Alla ventunesima giornata, quarta battuta d’arresto per i biancocelesti capitolini che perdono contro l’Inter, ma la Lazio rimane comunque la capolista. Però la Juve in quel turno vince col Milan, supera il Napoli e si piazza seconda, portandosi minacciosamente a due punti dalle aquile laziali.
Ma, nei due turni seguenti, la Lazio porta a casa due vittorie, di cui una nel derby, mentre Juventus e Napoli devono accontentarsi di due pareggi, per cui i laziali riallungano la distanza portandosi a quattro punti da bianconeri e a cinque dai partenopei. Da lì in poi, i napoletani smetteranno di vincere per un lungo periodo e, con due sconfitte e cinque pareggi in sette partite, perderanno la prossimità con la testa della classifica e ogni residua speranza di vincere il titolo. Solo la Juve riuscirà a tenere, almeno in parte, il passo della Lazio. Infatti, a quattro turni dalla fine del campionato, la differenza tra i due club è di tre punti (Lazio 40 e Juventus 37). Possiamo pertanto dire che, in quegli ultimi scampoli di campionato, i giochi non erano ancora stati decisi.
La conquista dello scudetto laziale matura infatti alla terzultima di campionato, nello scontro incrociato Roma-Torino: la Lazio perde in casa dei granata, ma la Juventus che avrebbe potuto portarsi ad un solo punto dai biancocelesti perde all’Olimpico contro la Roma. Per la gioia dei tifosi biancocelesti, nonostante la sconfitta della propria squadra, la distanza tra Lazio e Juve rimane comunque invariata.
La domenica dopo la Juventus vince contro la Viola ma la contemporanea vittoria dei laziali, per uno a zero con gol su rigore di Giorgio Chinaglia (conquistato da Garlaschelli), contro i rossoneri foggiani sancisce con una giornata d’anticipo la vittoria della Lazio del suo primo scudetto (fino ad allora, infatti, l’unico trofeo nazionale era stato rappresentato dalla Coppa Italia del ’58).
Per completezza di informazione, va detto che, la domenica dopo, all’ultimo turno, di quel campionato, si registra la vittoria dei bianconeri a Vicenza e il pareggio della Lazio a Bologna. La classifica finale dice quindi Lazio prima a 43 punti e Juventus seconda a quarantuno.
A suggello di questo trionfo, Giorgio Chinaglia vinse la classifica cannonieri con 24 reti, davanti a Roberto Boninsegna dell’Inter che si era fermato a 23 gol. Seguivano, a maggiore distanza, Anastasi (Juventus), Clerici (Napoli), Riva (Cagliari) e Pulici (Torino).
Ma Giorgio Chinaglia era, per così dire, la punta di diamante di un gruppo notevole di giocatori. Nei miei ricordi infantili, di bambino che non aveva ancora compiuto undici anni, ci sono anche il portiere Felice Pulici, e poi Wilson, Re Cecconi, Martini, Garlaschelli e D’Amico.
Delle decine di gol segnati dalla Lazio in quella stagione, mi piace ricordarne quattro.
1) Settima giornata del girone d’andata, Cagliari-Lazio 0-1. Chinaglia riceve palla al limite dell’area avversaria, controlla perfettamente di destro, si insinua tra due giocatori cagliaritani, Tomasini e Niccolai, e supera Albertosi colpendo nuovamente di esterno destro.
2) Decima giornata del girone di andata, Verona-Lazio 0-1: Garlaschelli riceve palla sul limite sinistro dell’area avversaria, resiste a una carica di Mascalaito, si accentra infilandosi tra due veronesi, Nanni e Bet, e fa partire un forte tiro di destro che piega le mani del portiere veronese Pierangelo Belli.
3) Nel ritorno menzione speciale per il gol nel derby del diciannovenne Vincenzo D’Amico (risultato finale Roma-Lazio 1-2): tiro al volo di Chinaglia, respinta della difesa romana, arriva D’Amico che tira al volo anche lui e batte Paolo Conti, numero uno dei giallorossi.
4) Infine, non fosse altro che per il suo valore simbolico, il rigore realizzato da Chinaglia, alla penultima di campionato, all’Olimpico contro il Foggia; gol su rigore che sancisce la conquista laziale dello scudetto.
Da notare, infine, che non poche di queste reti nascono da azioni impostate o da passaggi effettuati da Frustalupi e che Garlaschelli, oltre essere l’autore di alcune reti importanti, sapeva anche essere un buon uomo assist.
Comunque, nonostante la marcia trionfale del club biancoceleste, per ammissione, fatta a distanza di anni di alcuni giocatori laziali di quella stagione, è risaputo che quella squadra era divisa in clan contrapposti: da un lato c’erano Chinaglia, Wilson, Pulici, Oddi e Facco, dall’altro Martini, Re Cecconi, Frustalupi, Garlaschelli e Nanni. La contrapposizione era forte a tal punto che negli allenamenti i due gruppi utilizzavano spogliatoi separati e, durante le partitelle infrasettimanali, se le davano di santa ragione (su questi aspetti c’è una inequivocabile intervista di Martini che non lascia dubbi a riguardo).
Molti di questi giocatori erano arrivati quell’anno, o nei due anni precedenti, proprio sotto la gestione di Tommaso Maestrelli: Frustalupi, proveniente dall’Inter, che divenne il regista dei biancocelesti; Felice Pulici, portiere preso dal Novara che resterà alla Lazio per cinque stagioni senza saltare mai una presenza; poi Petrelli e Martini, quest’ultimo -per sua stessa ammissione- trasformato da mediano in terzino sinistro per volontà di Maestrelli; un altro arrivo fu quello dell’attaccante Garlaschelli, un’ala destra che resterà alla Lazio per un intero decennio. Infine, ci fu l’acquisto più costoso di tutti, quello di Luciano Re Cecconi, fortemente voluto dal mister dello scudetto, anche perché lo aveva avuto con sè al Foggia.
Questi nuovi arrivi, come dicevo, nell’unirsi ai vecchi della squadra, formarono delle fazioni. Nacque quindi un gruppo di giocatori difficile da gestire. Un gruppo, però, che proprio sotto la regia di Tommaso Maestrelli sarebbe riuscito a raggiungere i vertici del calcio italiano.
Ed è forse per questo che di Maestrelli, aldilà delle competenze tecniche basate su un’idea di calcio moderno e innovativo (fatto di pressing, manovre corali e gioco sulle fasce) si ricordano anche, e soprattutto, la grande umanità , la capacità di mediazione, il suo saper essere anche un buon psicologo e gli inviti a cena dei giocatori a casa sua (Chinaglia in primis) per risolvere le questioni spinose.
Ma, con grande dispiacere dei tifosi biancocelesti, a seguito del trasferimento nel Cosmos da parte di Giorgio Chinaglia, della prematura scomparsa di Tommaso Maestrelli e della tragica morte di Re Cecconi, quella felice stagione si chiuderà piuttosto rapidamente. Per i supporter laziali rimane però il piacevole ricordo di una leggendaria conquista dello scudetto.

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