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GIGI RIVA E IL RITIRO PRECAMPIONATO NELLA TUSCIA …

E’ una stagione – quella iniziata con il ritiro nella Tuscia, ad  Acquapendente, nel luglio del ’74 – poco fortunata per Riva, che inizia addirittura solo alla dodicesima giornata, dopo che Radice aveva preso il posto di Chiappella, contro la Fiorentina, con un gol su rigore. Ad Acquapendente si era ancora respirato un pò di quel profuso di scudetto dell’irripetibile millenovecentosettanta, anche se qualche volto era cambiato e quella formula magica di Scopigno si stava affievolendo. Quel ritiro precampionato, però, venne molto apprezzato dagli sportivi della Tuscia, che salirono spesso fino ad Acquapendente per vedere all’opera l’attaccante italiano più forte di tutti i tempi. “Rombo di tuono” giocherà soltanto otto gare, segnando due reti. Gli infortuni hanno il sopravvento e lo costringeranno a  la strepitosa carriera  nel febbraio del ’76. La sua ultima partita fu Cagliari-Milan. La sua ultima azione di gioco, lo scontro fatale con Aldo Bet. Era “sopravvissuto” a tanti infortuni – a quel tremendo colpo dell’austriaco Hof, che gli spezzò in due la gamba – ma stavolta era davvero finita!

Rimane uno dei più discreti, che ha saputo gestire in silenzio anche alcune passioni, che a pochi erano note. Come, ad esempio, la passione per la musica di De Andrè. Riva, al termine di una trasferta contro la Sampdoria, volle incontrarlo. Un pò di whisky per rompere il ghiaccio. Qualche bicchiere e le lingue si sciolsero. De Andrè parlò della sua preferenza per la notte, la sveglia all’ora di pranzo, l’amicizia con Luigi Tenco. Fecero quasi l’alba, si salutano. De Andrè con la maglia numero undici in mano e Riva con la chitarra con cui il cantautore aveva intonato alcuni dei suoi successi. Il piacere di ascoltare quella musica rimarrà per sempre. A casa, ma anche durante le trasferte, in pullman, visto che Riva, a causa del mal d’auto, sedeva al primo posto e poteva gestire il mangianastri vicino all’autista.

Rimase fedele ai suoi ideali e alle sue emozioni, l’uomo capace di segnare trentacinque gol in Nazionale, un record ancora mai battuto. L’uomo che ebbe l’umiltà e la sapienza di dire: “il calcio mi ha dato ciò che da ragazzo non ho avuto: amici, soddisfazioni, un lavoro. Se non facessi il calciatore, avendo un lavoro e dovendo io pagare per il calcio, giocherei lo stesso, per quanto lo amo”.

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