“SEMBRA IERI” (VOL. 37). GENOVA, L’ATTESA, I RICORDI, IL PONTE…
I ricordi di uno scudetto ai tempi di Vialli e Mancini, la Coppa dei Campioni. Ma pure ricordi targati “infanzia”, quelli delle “solite” figurine Panini, con i giocatori così inconfondibili per via di una maglietta del tutto unica.
Ricordo di alcune figurine che scambiavamo spesso – in quando pluri doppioni – come quelle di Salvi e Francesconi, quest’ultimo uno dei tanti che, in quegli anni, giocava rigorosamente con i calzettoni tirati giù.
Ricordo il portiere Battara, Bob Vieri (un altro di quello dagli “stinchi a vista”), oppure le figurine meno reperibili, come quelle del difensore Corni o quella quasi introvabile dell’attaccante Cristin, uno dei tanti che, ancora oggi, non sa nascondere la nostalgia per un calcio diverso.
“Non ho mai discusso con un presidente per il contratto. Non c’era il procuratore: chiedevo al presidente quanto mi poteva dare ed ero contento di quello che mi dava. Quando sono arrivato a Genova mi hanno sistemato in una pensione in via Fieschi. Prendevo ventimila mila lire al mese. Erano due biglietti enormi da diecimila. Li andavo a prendere in sede, in via XX Settembre, li piegavo finché non diventavano piccoli come una figurina, li nascondevo sotto le scarpe per paura che me li rubassero”.
Sembrano parole dette quasi da un alieno del calcio, da uno che lo viveva come tutti, allora, come un allenatore che a Marassi ci ha giocato spesso, volato in cielo proprio quattro giorni prima della “magica serata” del dodici agosto. Gustavo Giagnoni, un altro di quei personaggi indimenticabili, così come il suo colbacco, che passò alla storia. Lo aveva indossato sulla panchina del Torino, che partì bene in campionato: per questo continuò a tenerlo. Anche quando le vittorie diminuirono, ma ormai era arrivato l’inverno e ci si riparava bene anche dal freddo. Continuò a tenerlo, diventando inequivocabilmente l’allenatore col colbacco!
Ricordi e memorie che hanno continuato a “muoversi”, anche quando, la mattina successiva alla TIM CUP, siamo transitati sul Ponte Morandi e su quella autostrada che non ci è mai particolarmente piaciuta, per via dei continui tunnel che infastidiscono la guida.
Esattamente il giorno prima di quel maledetto quattordici agosto, quando è venuto giù tutto, quando è crollata un’opera architettonica che difficilmente si può condividere, per essere costruita sopra le case e sopra la testa della gente, al punto di chiedersi come mai tante persone abbiano accettato di vivere in quelle condizioni.