AMARCORD. CHI IL CALCIO SE LO INVENTO’: CAPOROSSI E PATARA …
Maestri del calcio viterbese, come Nazzareno “Neno” Caporossi, il quale, grazie ad una lunga carriera di allenatore, ha dato il suo contributo di crescita a più di una generazione di calciatori. Il suo accento era particolare, assai diverso dalla musicalità dell’intercalare del dialetto viterbese. Era un vigile urbano, quando questa figura era semplicemente chiamata “guardia”. Nell’attività di allenatore era molto serio e ci credeva davvero: non lo faceva per soldi, ma per una spiccata passione che lo fece apprezzare in tutta la provincia, non soltanto nel capoluogo. A Bolsena, ad esempio, riuscì ad essere assai considerato, durante la sua carriera sviluppatasi già negli anni sessanta con buoni.
Nel 1969 si svolse a Viterbo il primo “Torneo dei rioni”, per festeggiare il ventesimo anniversario della fondazione del Pianoscarano, società rionale che – in quel periodo – riscuoteva molto interesse nella considerazione degli sportivi della città dei Papi. Tra le otto squadre partecipanti, divise in due gironi, c’era il Pilastro – allenato proprio da “Neno” Caporossi – e vinse il torneo. La squadra era composta da molti giocatori “marpioni” come Marcello Scorsino, Massimo Chiusaroli, Massimo Valeri, Mario Fanelli, Valentino Vestri. Caporossi volle inserire nel gruppo anche qualche giocatore più giovane, come, ad esempio, Cesare Scorsi, che era il più piccolino. Caporossi dovette faticare non poco, visto che alcuni dirigenti lo ritenevano un ragazzino con poca esperienza e quindi non ancora pronto per certi livelli agonistici. “Neno”, però, credeva molto nei giovani e nelle proprie idee: fece di testa sua e lo fece scendere in campo con la maglia da titolare nella finale del torneo.
Molti ex ragazzi lo ringraziano ancora oggi, per essere stato – per loro – un maestro di calcio e di vita! Soprattutto i più giovani, quelli che con altri allenatori non venivano presi in considerazione e che, invece, “Neno”, seguiva e incentivava, portandone qualcuno, il giovedì, a giocare la partitella di allenamento fuori porta. Caporossi, Patara, Rempicci e qualche altro, i vecchi maestri di un calcio che non c’è più, ma anche i loro ragazzi, che erano vogliosi di imparare, anzichè di mettersi in vetrina senza fare la gavetta.
Anche Patara, il “Sor Giovanni!”, infatti, va annoverato in questa tipologia di allenatori forti di quei valori umani che li portarono ad essere maestri ineguagliabili per intere generazioni, talvolta quasi come una sorta di “secondi padri”.
Il suo cuore rimase sempre al vecchio campo di Pianoscarano, quello che una volta era immerso in mezzo agli uliveti, che poi hanno lasciato spazio ai palazzi. Quello con la tribunetta fatta di tufi, su cui si sono seduti tantissimi giovani e non. Quelli del “pane e pallone”, quelli che davvero si divertivano e crescevamo sereni con un calcio pulito e sano, mentre “Peppe Tramontana” imperversava vendendo bruscolini con il suo “negozio di cartone”. Il capolavoro di Patara rimane la squadra allievi del 1972/73, che riuscì ad arrivare alla finale regionale superando società ben più blasonate e consacrando giovani del calibro di Daniele Goletti, Gianni Caporossi, Alfonso Talotta, Luciano Bernini, Sergio Corinti, Giorgio Filippi, Luciano Grazini, etc.
Era stata, quasi sicuramente, la sua “creatura” meglio riuscita, per la quale aveva da subito nutrito grande affetto, ma anche propositi di crescita calcistica.
Dal primo all’ultimo, da Filippi, che gli piaceva chiamare “Giotto”, al “Babbo” Goletti, che spinse verso Cagliari e verso una prestigiosa carriera.
Li portò sempre nel cuore, fino all’ultimo giorno. All’ultimo saluto al popolare “Sor Giovanni” – quello che ti dava uno scappellotto se, quando calciavi di “collo” piede, non piegavi bene il corpo e non facevi la “buchetta” sulla terra – un venerdì mattina, nella piccola cappella di una casa di cura montefiasconese.
DAL LIBRO “BEL CALCIO SI SPERA”