SANTINO TRIOSCHI, IL RICORDO DI MARIO LEGA
Sante Trioschi, scomparso ieri, era conosciuto in pratica da tutti gli appassionati di motori del comprensorio della Bassa Romagna dal momento che insieme al fratello Primo diede vita tra gli anni ’50 e ’60 a una delle prime concessionarie delle due ruote motorizzate della regione: la conosciutissima ‘Trioschi Moto’ a Lugo. Quel negozio, quella concessionaria costituisce un pezzo di storia dei motori del Lughese, se non della Romagna, perchè in pratica da sempre richiama appassionati di motori. E questo grazie anche alla passione dei fratelli Trioschi, Sante e Primo, che hanno messo la loro competenza, la loro serietà e la loro professionalità a servizio dei motociclisti.
QUESTO IL RICORDO DI MARIO LEGA, EX CAMPIONE DELLA MOTO …
“La nostra storia cominciò con una rivalità accesa, Sante con i sui Motom preparati io con il mio Motobi truccato. Santino era un meccanico dalle mille risorse uno che non si fermava agli ostacoli, ma che cercava e trovava soluzioni per aggirarli. Io cominciai a correre nei Cadetti 60 nel 1966 e Sante l’anno successivo: io con la Italjet e lui con un Mondial con pezzi da Modena, quell’officina situata in Via Pistoia che portava il nome dei Fratelli Villa. Al debutto a Modena nell’aerodromo, il mio unico pensiero era di stargli davanti e per fare questo scivolai cadendo a terra, rialzatomi ripresi la gara con l’unico obiettivo di individuare dove fosse il mio acerrimo rivale, nel tornantino costruito con le balle di paglia, si vedeva chiaramente chi lo aveva già percorso e andava in senso contrario ed io guardavo con insistenza per vedere dove fosse e se avessi potuto, poi raggiungerlo, ma così facendo persi il riferimento della frenata e caddi nuovamente dovendo soccombere. Altre gare mi videro primeggiare su di lui come a Cesenatico e a Teramo, ma l’onta più grossa la subii a Giulianova. Quella gara era concomitante con una gara in salita valida per il campionato Italiano e i dominatori della nostra categoria, ovvero Buscherini e Gazzola vi partecipavano: occasione ghiottissima! Noi andammo nella ridente località Adriatica con il camioncino 600 della ditta Trioschi e per arrivarci, allora, si percorreva la statale Adriatica passando tutti i paesi del litorale con traffico e limiti: non si arrivava mai. Io ero spesso terzo dietro a Buscherini e Gazzola ed ero il favorito, infatti, al via scattai in testa e stavo guidando senza particolari problemi quando mi si afflosciò la gomma posteriore: avevo forato! Piangendo a bordo pista guardavo passare Zanetti che con la sua Guazzoni aveva rilevato la mia posizione di leader e il buon Santino, ora secondo con la sua Mondial. Colpo di scena pochi giri dal termine Zanetti si dovette ritirare per rottura meccanica, cosi la vittoria andò a Sante: immaginate il lunghissimo viaggio di ritorno con lui raggiante e io incavolato nero. Da quel giorno mi ha sempre rinfacciato di aver vinto una gara prima di me, fino a quel momento avevo collezionato solo piazzamenti: “sarai anche diventato campione del mondo ma io ho vinto all’esordio prima di te”. Le prese in giro tra noi erano all’ordine del giorno.
La sua presenza agonistica durò poco perchè doveva seguire l’attività della concessionaria, ma è sempre stato al mio fianco, con l’altro Stakanovista Paolo Neri, nel prepararmi le moto per il proseguo della mia carriera. Quando nel 1971 Renzo Cricca mi acquistò la famosa Yamakina 250 per partecipare al campionato Juniores il team si trovò compatto a cercare di risolvere i vari problemi che man mano affioravano, il più grosso dei quali era la partenza.
Io non riuscivo a partire perchè non sentivo il motore complice il rumore degli altri (tutti 4 tempi) per tirarlo su di giri senza ingolfarlo. Sante studiò il problema e scopri che abbassando l’aria dei carburatori si accendeva in un lampo e andava subito su di giri, bisognava solo alzarla nuovamente, per una partenza a razzo. Solo che la nostra Yamaha era bicilindrica e di carburatori ne aveva due, quindi due leve dell’aria da sollevare ed in paRtenza in mezzo al gruppo con una mano tenere il manubrio e con l’altra cercare le levette dell’aria non una cosa semplice, ci voleva una soluzione. In un battibaleno l’intuizione, collegare le due levette tra loro con una asta sporgente che potesse essere individuata da me con facilità, dopo essere salito in sella. Pronti per il test con questo collegamento, appena il motore si accendeva con la prima sgasata a pieni giri le vibrazioni sollevavano le leve in automatico e non c’era nemmeno bisogno di alzarle con la mano, problema risolto e ottima partenza in gara.
Santino era dissacrante e allegro, sempre pronto a prendermi in giro, ma senza sottovaluare i problemi…gli aneddoti sarebbero centinaia, mi limiterò a quelli piu simpatici. Una volta mi fermo ai box e gli dico: la moto tira indietro…e lui girala dall’altra parte cosi tirerà in avanti.
Alberto Jeva raccontava con la simpatia che lo contraddistingue che al Nurburgring, quello vecchio di 23 km, non era troppo veloce e stigmatizzava:” me stavano a pijà i tempi con il calendario… piuttosto che con il cronometro, ebbene, una volta al Mugello piuttosto della tabella con le varie indicazioni vidi un calendario esposto…Aprile, secondo giro Maggio…Giugno. Mi fermai e chiesi: come vado?: Fa te…da un giro all’altro mi è cresciuta la barba.
Santino lavoratore instancabile, insieme a Paolo, non si contano le nottate che hanno fatto in officina, io a volte, aiutavo a smontare il motore, ma poi mi dicevano: t’an si te l’atleta, alora vat a let! (non sei tu l’atleta allora vai a dormire) non ho mai visto montare un motore Yamaha.
Se dovessi usare un aggettivo per definire Sante Trioschi dico, “GENEROSO” non solo con me, lui e la Famiglia Trioschi mi hanno sempre aiutato quando rimanevo a piedi rimboccandosi le maniche e allestendo un team con pochi mezzi e sempre competitivo, ma anche nella vita quotidiAna ha mostrato sempre di avere un cuore grande con chi lo incrociava a discapito delle prese in giro ironiche, aiutava sempre tutti. Mi ha seguito con affetto con gli altri Caimani per tutto il mondiale, gioendo dei miei successi come se fossero i loro, eravamo molto uniti, oltre a frequentarci al bar, siamo stati in ferie insieme, abbiamo iniziato a sciare insieme, facendo, ovviamente a gara per chi fosse il più veloce quando in effetti non sapevamo nemmeno fare lo spazzaneve, vinceva chi cadeva meno. Se ho già detto lavoratore instancabile, lo ridico, non ti sei potuto godere i frutti del tuo lavoro e ci hai lasciato veramente troppo presto. Ora con Poldino e Masì riposate in pace e soprattutto divertitevi…come sempre”.