La storia del giornalismo. Il calcio vive in tv e viceversa
(ussi)
La grande e crescente offerta di calcio e sport in televisione rispondeva, comunque, alle esigenze degli
spettatori. Nel 1979 la Rai diffondeva 552 ore di telecronache, di cui 129 di solo calcio. Nel corso degli
anni il tipo di programmazione è cambiato radicalmente. Sempre secondo Zavoli, “In televisione è
finita l’era delle inchieste. E’ finita perché il palinsesto deve misurarsi ormai sulla base di una tale
velocità di proposte di consumo delle idee e dei consensi, che deve essere ritrattabile, smontabile e
rimontabile in continuazione. E la presenza di un’inchiesta diventa ingombrante. Io, insieme a
Martellini, realizzavo ‘Senza freni’, che era la rubrica giornaliera di intrattenimento sul Giro, quando
sentii Ferretti che invitato a stendere una sorta di cronaca della giornata diede questo titolo ad un suo
pezzo: ‘Buonanotte maglia rosa’. Ecco, questo in televisione non si poteva fare, se mi fosse mai venuto
in mente di spendere 5 minuti dedicando questo tempo ad immaginare come si può addormentare
una maglia rosa, avrei dovuto aspettare di essere richiamato all’ordine da uno dei mie direttori. Io non
credo in una televisione pedagogica che debba prendere per mano chi la vede, ma in una tv capace di
fornire materiali di riflessione e indurre in qualche modo ad essa con un plus di notizia rispetto a quello
che da l’immagine.”(per sottolineare i diversi livelli di frenesia tra i due media, ndr).
Nel 1995 si arriva al numero di 1732 ore di sport, di cui ben 232 dedicate al calcio, alle quali bisogna
aggiungere le 517 ore trasmesse dalle reti Mediaset. La domenica è diventato il giorno nazionale
consacrato alla pratica della discussione sportiva seguito a ruota dai giorni che ospitano le partite
internazionali delle coppe europee. Gli eventi sportivi di grande livello attirano sempre maggiori
quote di pubblico. Per Italia – Argentina, semifinale dei Mondiali 1990, gli spettatori furono
27.537.000; Italia – Bulgaria, semifinale del Mondiale 1994, fu seguita da 25.866.000 spettatori. In
19.673.000 videro la finale di Coppa Campioni del 1989 tra Milan e Steaua Bucarest e 19.042.000 la
finale di Champions League del 1996 Juventus – Ajax. I dati testimoniano l’ormai stretto legame fra
grande calcio e tv. A consolidare questo rapporto arrivano le aste per i diritti televisivi, inizialmente
quasi ininfluenti per le casse delle società sportive ma che al giorno d’oggi si inseriscono nel bilancio
come una delle voci fondamentali. Nel 1989-1990 i miliardi della tivù, cioè della sola Rai, erano 60,5.
Nel triennio successivo arrivarono a 108,3(si raddoppiarono,ndr). Nella stagione ’95-’96 i diritti
televisivi superarono per la prima volta la fatidica quota dei 200 miliardi. Il penultimo contratto ha
portato nelle casse dei club 447,3 miliardi. L’ultimo ha superato la quota dei mille miliardi grazie agli
investimenti delle piattaforme digitali che trasmettono in pay-tv e pay-per-view. (fino ad arrivare
all’esplosione?,ndr)
STORIA DEL GIORNALISMO