IL RICORDO DI MIO PADRE
CHI CI CONOSCE BENE SA CHE NON CI PIACE AFFIDARE AI SOCIAL LE NOSTRE COSE PIU’ PRIVATE, SOPRATTUTTO SE NEGATIVE. PREFERIAMO CHE DIVENTI UN ARTICOLO, CHE USIAMO IL MEZZO ANOI PIU’ FAMILIARE, COME FACCIAMO SEMPRE, PER TANTI AMICI E UOMINI DI SPORT E NON CHE MERITANO ATTENZIONE IN CUI SE NE VANNO.
“Mi ero illuso che questo maledetto 2020 ormai ti avesse risparmiato. Aver saputo che mi avevi nascosto che avevi fatto del tutto per tornare a lavorare la terra che tu amavi tanto – in barba agli ottantotto anni che portavi splendidamente, con la forza di un giovane, con la viglia di vivere di un ragazzo – mi avevano fatto credere che questo virus terribile non ti avesse più colpito. Se proprio dovevi lasciarci, sarei stato meno straziato che ti fosse accaduto proprio mentre eri ancora chino all’orto, magari travolto da una dissecazione dell’aorta addominale che in te quasi non sembrava presente, tanto era normale la vita che facevi. Tanto era ancora pimpante il tuo fisico, con il tuo passo svelto, con le borse della spesa che portavi su per le scale molto più agilmente di me.
Mi sembra impossibile. Quei discorsi che facevi, sempre ottimistici, un inno alla vita che io invidiavo, io che lo sono molto meno, sembravano qualcosa quasi di surreale, quella concretezza che hai sempre avuto e che sembrava farti vedere ancora davanti un bel pezzo di strada da vivere.
E le telefonate dall’ospedale in cui continuavi a preoccuparti dell’assicurazione della macchina, del caricabatterie, dei pappagallini, che non mangiavi da tre giorni: anche quelli mi hanno illuso che l’avresti superata questa prova, diventata all’improvviso terribile, quando ti è cominciato a mancare il respiro.
Avevamo tante cose in comune, quei valori che hai contribuito a inculcarmi senza troppe parole e che mi hanno fatto essere un uomo degno del tuo spessore morale. Le avevamo e le avremo ancora, perché a maggior ragione io continuerò ad essere fiero di tutto ciò, proprio in tuo onore
Lo strazio è quello di non averti più potuto vedere da quando l’ambulanza ti ha portato via, di non poterti salutare nel momento della tua uscita dal mondo dei vivi, tu ineluttabilmente prigioniero dentro un sacco ed io ad immaginarti, a ricevere la telefonata del reparto che mi metteva a conoscenza – in piena notte, che io l’ho trascorsa da sveglio, a pensarti, conscio che sarebbe arrivata – che tu te ne eri andato.
Peccato, perché avevo deciso che, se tutto fosse andato bene, avrei voluto portarti a vivere con me, godendoci insieme gli anni che ti erano rimasti. Come quando mi portavi col tuo furgoncino a consegnare la frutta, da bambino, quando mostravi fiero la tua divisa da usciere della Provincia, quando baciavi la mano a Papa Giovanni Paolo II. Quando ti sei sacrificato per supportarmi durante alcune vicende difficili della mia vita, sempre rinunciando tu a qualcosa, pur di aiutarmi a risolvere i problemi. Tu, che quando andavo a fare i controlli medici a Siena, stavi accanto al telefono fremendo, aspettando che io ti chiamassi per dirti che era andato tutto bene. Tu che mi portavi cappuccino e cornetto tutte le mattine nel giugno del ’19, quando ero convalescente dopo un intervento chirurgico. C’eri sempre. Forse ero io che non c’ero come avrei dovuto, ma a te bastava anche una semplice telefonata per essere felice, perché tu sei stato l’uomo delle piccole cose che ti hanno fatto grande l’esistenza. Tu che avevi dovuto fermarti alla seconda elementare perché i bombardamenti avevano buttato già anche la scuola, ma che hai avuto sempre la voglia di apprendere, di essere autodidatta, di arrivare, nell’età matura, addirittura ad essere un lettore incallito, di giornali e di libri.
Ieri, quando sono andato a casa tua a cercare i documenti e la prima cosa che ho visto è stato un mio libro, ha capito che quello era un segnale. Da una parte tremendo, dall’altra bellissimo, perché sarà la parte di te che mi porterò sempre nel cuore. Ciao Babbo, perché noi siamo stati delle generazioni che usavano questo termine, che non sapevano neanche del significato dell’altro sinonimo. Tuo per sempre figlio Claudio.”