FRANCESCO MOSER, LO “SCERIFFO” COMPIE OGGI 70 ANNI …
L’AUGURIO DEL NOSTRO GIORNALE AL PREFERITO DEGLI ANNI ’70, A CUI ABBIAMO ANCHE RISERVATO UN ALTRO SPAZIO PARTICOLARE
Ieri come oggi. Come nel settantasette, ai Mondiali in Venezuela, quando Francesco Moser vinse la maglia iridata. Trionfo per lui e per il suo patron, quello dei gelati Sanson, che, per l’occasione, mise in commercio un nuovo ghiacciolo al gusto di menta, arancia e limone, un trittico che piacque molto. Era il quattro settembre e quelle immagini – alquanto sfuocate – dal Venezuela ci fecero gioire per l’ottavo italiano capace di indossare la maglia iridata, quattro anni dopo Felice Gimondi, al Montjuïc. A San Cristobal il trionfo era di Moser, il quale, un anno prima a Ostuni, lo aveva sfiorato, battuto in volata da Maertens, in uno degli sprint più lunghi della storia del ciclismo.
Stavolta il competitor è Didi Thurau, pioniere germanico, dopo Altig e prima di molti altri contemporanei. Moser tira, tira sempre lui. Fora. cambia la ruota, riprende Thurau e lo batte in voltata. Una volata che, anche stavolta, sembra non finire mai. Quasi la fotocopia sudamericana di quella pugliese di un anno prima. Sotto una pioggia torrenziale.
Erano anche i tempi di un passaggio generazionale che il ciclismo stava vivendo. Da una parte i “vecchi” come Merkcx, Gimondi e Bitossi, dall’altra i giovani come Moser, Hinault e Saronni. E fra i prosecutori del ciclismo, dopo la caduta del “dio Merckx”, quindi, c’era anche lui. Razza testarda, trentina, di nome Francesco.